I ricordi delle nonne rinchiuse nelle loro cucine, intente e preparare piatti della tradizione, compongono e arricchiscono il nostro immaginario collettivo: se per qualche istante chiudessimo gli occhi, ci ritroveremmo circondati da profumi e sapori che difficilmente ci appartengono oggi.
Da qualche anno però è tornata ad affermarsi la cultura del mangiar bene, della buona tavola, della “cucina a km zero”: in tempi di crisi, sempre più le occasioni di convivialità si sono spostate dai ristoranti alle mura domestiche, dove i padroni di casa aprono le porte delle loro abitazioni offrendo a parenti e amici ciò che hanno preparato, rigorosamente in casa. Non a caso gli scaffali delle librerie si sono arricchiti di libri e di manuali di cucina: si ha l’imbarazzo della scelta fra veri e propri testi che ci introducono nel mondo del cucinare, testi che ci guidano passo a passo nella creazione di piatti più o meno semplici, più o meno legati alle nostre tradizioni; ci sono poi i libri dei grandi chef, collezioni di immagini che catturano la nostra attenzione e che ci spingono a cimentarci in improbabili riproduzioni; e ancora libri sui più recenti studi in materia di alimentazione, sulle malattie a essa connesse e sull’importanza del mangiare sano.
Accanto all’aumento della produzione e della lettura di questi testi, spopolano i blog “culinari”; il blog rappresenta certamente il modo più semplice e veloce per accedere al mondo della cucina: spesso, accanto alla trascrizione della ricetta, appaiono video che guidano la realizzazione dei piatto, dalla selezione degli ingredienti all’impiattamento vero e proprio. Se dunque in un passato piuttosto vicino la cucina era un po’ uscita dalle nostre case, a causa degli impegni lavorativi, oggi essa ritorna prepotentemente a essere il vero centro degli spazi domestici, il cuore pulsante della casa, al cui interno si riuniscono affetti, desiderio di condivisione e di sperimentazione.
Il ritorno ai fornelli è un fenomeno estremamente interessante che non è sfuggito neppure agli chef pluristellati che, oltre a pubblicare libri in cui svelano i loro segreti, aprono letteralmente le loro cucine agli ospiti dei loro ristoranti: le cosiddette “cucine a vista” sono diffusissime e attraggono sempre più consumatori, quasi fossero garanzia di qualità degli alimenti, di pulizia dei locali e di igiene da parte degli “addetti ai lavori”.
Veri e propri precursori di questo “rinascimento della cucina” sarebbero stati i programmi di televisivi, che si tratti di sfide fra cuochi provetti, di dimostrazioni o di competizioni per eleggere un nuovo e promettente chef. Si parla di un vero e proprio “effetto Masterchef” che contamina anche un’istituzione come la scuola: aumentano le iscrizioni agli istituiti alberghieri e alla facoltà universitaria di Agraria; i giovani sognano sempre più di lavorare in qualche stellato e prestigioso ristorante, di diventare famosi critici gastronomici o, perché no, di aprire personalmente un locale che sia innovativo, magari con una cucina a vista, con alimenti genuini e che siano rigorosamente Bio e con qualche altra novità, a cui qualche giornale dedichi spazio e soprattutto pubblicità.
Come ormai è consuetudine dire, questa “cucina 2.0″ ha invaso ogni settore, ogni media, ogni ambito della nostra vita; ci siamo allontanati dalla cucina per dedicare più tempo alle nostre ambizioni, ai nostri sogni, alla nostra vita ma essa, prima in punta di piedi poi sempre più prepotentemente, è tornata a insinuarsi nelle nostre vite diventando essa stessa sogno, progetto, ambizione.
Provocatoriamente però mi sento di dire che ciò che non tornerà mai saranno i sapori e i profumi che uscivano dalle cucine delle nostre nonne, che inebriavano e abbracciava la casa con un calore ormai dimenticato.
Giulia Bianchi Arrigoni